Hai mai pensato di visitare un Museo della Cucina nel cuore di Roma? Il Garum è una vera sorpresa, sotto tanti aspetti, con l’affascinante storia che narra sulla nascita dei supplì, una delle delizie gastronomiche della città, con la prima ricetta scritta del pesto alla Genovese e con il trattato di cucina italiano più antico, risalente al Rinascimento … e ti attendono molte altre curiosità al suo interno.

Dopo i Musei Vaticani e Castel Sant’Angelo, dopo un tour tra Piazza di Spagna e Villa Borghese, una passeggiata di shopping tra le vie della moda, da Piazza Venezia a Piazza del Popolo, il viaggio non può che arricchirsi con una tappa tra Colosseo e Circo Massimo. Monumenti di fama mondiale che, oggi, oltre agli antichi templi del Foro e del Palatino, si arricchiscono di un nuovo polo culturale, tutto dedicato ai sapori.

In effetti, quella al Garum è una visita saporita – proprio come la tipica salsa fermentata, a base di pesce, di tradizione antico – romana, da cui il museo ha preso il nome.

Alle pendici Sud del Palatino, proprio di fronte al Circo Massimo, potrai gustare questo museo in tutta libertà. Una visita gratuita in cui scoprire alcuni strumenti culinari, dall’antichità fino al ‘900, e ammirare alcuni dei più antichi ricettari d’Italia e Europa.

Una visita pensata ad hoc per metterti appetito.

Perché un Museo della Cucina?

Tra le tante bellezze storico-artistiche di Roma, era necessario creare un Museo della Cucina? A mio modesto parere, sì. Le tradizioni culinarie italiane sono sempre state significative e, oggi, grazie alla risonanza mondiale ottenuta, lo sono sempre di più. Il Garum soddisfa le curiosità di chi vuole scoprire in che modo gli strumenti e le ricette nascono, si tramandano, si diffondono e si modificano.

Una visita in cui l’antropologia e la storia si uniscono alle tradizioni culinarie, in un appassionante connubio di ricette, aneddoti e utensili. La cucina è sempre stata arte e tecnica, cultura e innovazione, e ha scandito i tempi con cambiamenti capaci di riflettere gli eventi dell’epoca. Una vera scienza, nel senso più vero del termine, che abbraccia da sempre i profondi mutamenti sociali, culturali e ambientali.

Il Garum, Museo della Cucina e del Gusto, racconta la storia della cucina in Italia e lo fa proprio in tal senso, poiché è difficile, se non impossibile, separare i cambiamenti gastronomici della nostra penisola da quelli di altri paesi, come la Francia ad esempio, che hanno ugualmente dato ampio spazio a tale scienza.

La storia del Garum, Museo del Gusto

Gli esordi del Garum, il Museo della Cucina a Roma, sono stati offuscati dall’arrivo del COVID: nato nel 2020, ha dovuto attendere questo 2023 per essere nuovamente fruibile, anche se su prenotazione. Già gli spazi, in cui è racchiuso questo piccolo gioiello museale sono, di per sé, oggetto di visita.

L’esposizione, infatti, sorge nel cosiddetto Lupercale, quel luogo che, secondo la leggenda, ha ospitato i piccoli Romolo e Remo, quando furono allattati dalla lupa. Un area che, nell’antichità, ancora non era urbanizzata ma ricoperta da boschi rigogliosi, proprio a poca distanza da quel luogo in cui Romolo tracciò il famoso solco.

Visitando il Garum, sei al civico 87 di Via dei Cerchi, in una delle zone più ricche di testimonianze storico-archeologiche di tutta Roma. Davanti al Circo Massimo, sotto al Palatino, a pochi metri dai templi di Vesta ed Ercole, nonché dal Colosseo.

Garum, Museo della Cucina: storia di una "pentola" e altro ancora
Garum, Museo della Cucina: storia di una “pentola” e altro ancora

Cosa ammirare al Garum, il Museo del Gusto

Visitare il Garum è un viaggio all’insegna di stuzzicanti rivelazioni. Un percorso articolato su due piani, suddiviso per epoche e tipologie, che parte dalle testimonianze più antiche, passando per l’evoluzione degli strumenti della cucina, terminando con le fonti scritte. Un Museo e una biblioteca allo stesso tempo.

Le tradizioni culinarie in epoca romana

Il primo ricettario conosciuto, pertinente alle pratiche gastronomiche della nostra terra, nel cuore del Mediterraneo, è quel famoso “De Re Coquinaria” attribuito alla figura pittoresca di Apicio. In realtà, questo testo in latino, databile al IV sec. d.C. è una raccolta postuma di varie ricette e preparazioni, salse soprattutto, che venivano verosimilmente preparate nella Roma imperiale. Tra queste ci sono ricette attribuibili ad Apicio come ad altri autori. L’idea che l’opera fosse stata scritta da lui deriva dalla particolare fama edonistica del personaggio, celebre ideatore di banchetti, dove l’abbondanza e l’estro erano il fulcro di ogni preparazione. Un vero planner di folli celebrazioni che, avendo dissipato la sua intera fortuna, preferì togliersi la vita piuttosto che condurre una vita morigerata.

Una figura particolare, che ha lasciato il suo segno nell’epoca e che, tutt’oggi, trasmette un particolare fascino anche grazie al suo diretto legame con alcune ricette proposte.

Ecco qui, ad esempio, l’antenata delle nostre omelette, secondo Apicio.

Battete 4 uova con un’emina di latte e un’oncia d’olio, a parte fate scaldare una pentola di coccio con un po’ d’olio, versate il preparato. Rovesciate il tutto su un piatto tondo, prima che sia completamente cotto; innaffiate di miele e spolverate di pepe.

De Re Coquinaria

Gli strumenti di cucina e pasticceria

Al piano terra del Garum, oltre alle testimonianze culinarie più antiche, troverai una ricca collezione di strumenti di cucina, pasticceria e cioccolateria, diversi a seconda dei vari periodi storici.

Si comincia dall’epoca più arcaica, con i primi strumenti di panificazione e produzione casearia, semplici ed efficienti, passando poi ad attrezzi e stampi destinati a una cucina e a una pasticceria più tecnica e raffinata.

La scoperta e l’arrivo in Europa, e in Italia, del cioccolato, segna poi la nascita di stampi appositi, dedicati alla produzione di particolari praline.

Infine, si approda tra le moderne cucine, con le prime gelatiere, fino a mostrare i primi giocattoli a tema, realizzati alla fine dell’800: segno di come la cucina sia diventata una scienza che tutti possono e vogliono sperimentare.

Il primo ricettario a stampa, L'Opera di Bartolomeo Scappi
Il primo ricettario a stampa, L’Opera di Bartolomeo Scappi

I Ricettari

Il percorso prosegue, con ancora più fascino, al piano superiore, dove è conservata una vasta collezione di testi dedicati alla cucina.

La stampa dei primi Ricettari

La storia dei ricettari stampati prende vita alla fine del ‘500. La difficoltà nel conoscere, comprendere e registrare i cambiamenti nelle tradizioni culinarie dei diversi paesi nasce dalla natura pratica e dall’oralità di tale scienza a cui gli antichi “chef” si affidavano. Le tecniche venivano trasmesse a voce dall’esperienza di chi già svolgeva questa professione a chi gli faceva da apprendista. Solo con l’avvento della stampa, i grandi cuochi, maggiordomi, organizzatori di banchetti, chiamati in epoca rinascimentale e barocca “scalchi”, a servizio presso le corti nobiliari, ben pensarono di lasciare il segno, mettendo la loro esperienza anche sulla carta.

Ecco quindi che nasce il primo ricettario Italiano, firmato da Bartolomeo Scappi, nel 1570, cuoco personale alla corte pontificia di Papa Pio IV. La sua “Opera” illustrata, racconta e mostra i banchetti e le cucine delle corti papali durante il Rinascimento.  Più di mille ricette, strumenti e tecniche che ogni cuoco di alto livello dell’epoca avrebbe dovuto conoscere. Un lavoro monumentale che include anche gli ingredienti che cominciavano a essere importati dal “Nuovo Mondo”, con la prima ricetta scritta del classico “tacchino ripieno”.

Nel secolo successivo, la cucina barocca si arricchisce di uno dei manuali più importanti del tempo, “L’arte del ben Cucinare”, di Bartolomeo Stefani, dedicato proprio alle tecniche di cucina più diffuse nel periodo, ora destinate a un numero crescente di cuochi, anche al di fuori delle case nobiliari.

L’evoluzione dei testi di cucina dal 1800 in poi

Una storia che prosegue con “Il Manuale del Cuoco e del Pasticcere”, dove troviamo la ricetta antenata dei nostri supplì. “La” supplì e non “il” supplì sarebbe nata come un piccolo timballo di riso, contenente una “sorpresa”  o “surprise”, come la definirono i soldati francesi che, a quel tempo, si trovavano su suolo italiano, fortunati nell’assaggiare questo particolare street-food.

Sulla scia del “Manuale”, prende forma anche il volume chiamato “La Cucina Casereccia”, una delle prime raccolte di ricette popolari, segno dell’importanza crescente del ben mangiare in tutti gli strati sociali.

La fine dell’800 e gli inizi del ‘900 segnano il proliferare di studi ancora più approfonditi e tecnici, sulle tradizioni gastronomiche e culinarie locali e internazionali, e l’elaborazione di importanti manuali di cucina, come Le Guide Culinaire di Auguste Escoffier, chef del Carlton Hotel di Londra e del Ritz a Parigi, La Cuisine Classique di Urban Dubois e Émile Bernand o il Principe dei Cuochi del Conte Vitaliano Bossi.

Arriviamo infine a Vittorio Agnetti, autore del primo ricettario di ricette italiane regionali, agli inizi del 1900. Un testo che raccoglie alcuni dei capisaldi della nostra tradizione culinaria, come risi e bisi, panettone, torrone e panforte.

Queste sono solo alcune delle opere che ti faranno venir voglia di approfondire la cucina di ogni tempo, prolungando la tua esperienza presso il Museo del Gusto.

Per fortuna che, facendo richiesta, al Garum c’è persino la possibilità di consultare i volumi, per degli studi davvero golosi.


Garum, Biblioteca e Museo della Cucina

Via dei Cerchi, 87, Roma

Ingresso Libero, su prenotazione

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