Ecco un argomento che suscita un interesse crescente. Il vino senza alcol è qualcosa che dà da pensare, anche a chi ama il vino vero.
Ho già raccontato su Youtube, brevemente, in questo video, come nascono alcuni vini senza alcol o analcolici.
L’idea del “vino senza alcol” può essere usata, impropriamente, per raggruppare prodotti diversi; in realtà gli analcolici sono solo quei vini a cui viene tolta la componente alcolica.
I mosti d’uva, magari in versioni frizzanti e aromatiche, non possono essere definiti vini senza alcol poiché, di fatto, non hanno mai svolto la trasformazione.
Alla base di tutti questi prodotti alcol free c’è comunque una componente “fruttata” basilare che è, per l’appunto, l’uva, che resta sempre la protagonista. Qui però voglio concentrarmi sul vino senza alcol, su come viene realizzato e sul perché è un prodotto con un futuro … magari non per tutti.
Le tecniche di produzione del vino senza alcol
Il vino senza alcol nasce da un vino a cui, attraverso tecniche diverse, è stata rimossa la parte alcolica che si ottiene naturalmente durante il processo di fermentazione.
Per limitare o eliminare la componente alcolica di un vino si può agire sotto diversi fronti. Innanzitutto già durante il processo di vinificazione è possibile bloccare la formazione di alcol, sfruttando le basse temperature e magari partendo da uve raccolte in anticipo e quindi meno ricche di zuccheri.
Una volta che il vino è fatto, al termine della fermentazione alcolica, si può ricorrere alle procedure di dealcolazione.
Le principali sono:
- Osmosi inversa (o membrana osmotica) – In questa tecnica viene impiegata una membrana semipermeabile, per separare l’alcol dal vino, che attraverso alte pressioni permette il passaggio di acqua e altre sostanze che contribuiscono al sapore del prodotto finale, con un tenore alcolico minimizzato o assente. Per legge un vino può essere indicato come alcol free se ha un regime alcolico non superiore a 1,2-2%.
- Evaporazione sottovuoto – In questo processo il vino viene riscaldato, portato a temperature al di sotto del suo punto d’ebollizione ma che permettono di separare l’alcol attraverso la sua evaporazione, condensazione e rimozione. L’alcol infatti ha un punto di evaporazione più basso dell’acqua e questo permette la sua trasformazione senza perdite eccessive delle altre componenti aromatiche volatili.
In entrambe le procedure di separazione, per ottenere un vino del tutto privo di alcol, è necessario sottoporre l’intero volume del prodotto al processo. Altrimenti vengono usate solamente su una parte del prodotto che viene separato e poi reinserito nel vino finale che avrà un tenore alcolico ridotto.
Sottoporre tutto il vino al processo di dealcolazione comporta, giocoforza, delle perdite nel potenziale profilo aromatico e gustativo.
Il vino senza alcol: i punti a sfavore
C’è grande ostracismo nei confronti del vino dealcolato, specie da parte di chi il vino lo produce da tempo, con esperienza e passione.
Sono tre le principali valide motivazioni contro i vini senza alcol.
1. Il vino non è una semplice bevanda
In effetti non possiamo considerare il vino come una semplice bevanda, non è certo paragonabile a un tè freddo rinforzato o a una coca cola alcolica, che poi anche lei ha una storia di grande fascino. La nascita di un vino richiede pratica e conoscenza, non solo delle tecniche enologiche e agronomiche, ma anche dei luoghi e dei territori, delle uve e delle loro caratteristiche.
L’Italia ha un patrimonio ampelografico unico e proprio da qualche decennio è cominciata la fruttuosa riscoperta di vitigni antichi e dimenticati. Nuove produzioni pionieristiche li hanno recuperati con l’obiettivo di capirli e apprezzarli nuovamente, senza perseguire la logica della quantità a ogni costo che ha dominato il mercato vinicolo negli ultimi decenni del secolo scorso. Ecco quindi che sono nati vini peculiari, per profumi, sapori e tra le loro componenti rientra anche l’alcol, che si crea naturalmente con la classica procedura di fermentazione, che trasforma il mosto d’uva in vino. Li abbiamo appena ritrovati … e li vogliamo subito perdere? Questo perché il vino prodotto classicamente, quello con l’alcol, ha un gusto particolare.
2. Il vino senza alcol ha un sapore inaspettato
L’alcol contribuisce in vari modi al sapore di un vino. Regala al nettare una duplice percezione, di calore, e tattile al palato. Infatti, il tenore alcolico in un vino dona corpo e quella sensazione vellutata che spesso chiamiamo “morbidezza”. Quando assaggiamo un nettare con un alcol percettibile, lo sentiamo più carnoso e denso al palato. Non si tratta di paroloni ma di una pura realtà, non scivola come se bevessimo acqua fresca o un crodino.
Pertanto, il vino dealcolato non ha la stessa struttura e quindi si percepirà come più liquido in bocca.
Punto di forza dei vini dealcolati non è tanto il gusto quanto i profumi, ecco perché spesso le uve scelte in principio sono aromatiche o semi-aromatiche. Però, anche il vino classico ha i suoi profumi che ti seguono anche all’assaggio, grazie alla percezione retronasale.
Per tirare le somme, i vini senza alcol sono piacevoli e invitanti quando li annusi ma poi ti tradiscono un po’ all’assaggio, specie se in loro cerchi le stesse sensazioni di un vino classico.
3. Un mercato di valore
la produzione vinicola italiana costituisce un importante settore economico. Siamo infatti i primi produttori di vino al mondo, con una lunga tradizione alle spalle che rende i nostri nettari appetibili all’estero. Per il 2025 si prevede addirittura che il mercato italiano del vino arrivi a un valore di quasi 20 Miliardi, portando l’Italia ad assurgere a secondo seller mondiale nel settore … del vino alcolico ovviamente. Perché quindi, date le vendite in crescita, online e non, le aziende dovrebbero disinvestire nel vino classico e puntare su quello alcol free? I possibili motivi sono diversi, vediamoli insieme.
Il vino senza alcol: i punti a favore
Ci sono molti fattori che limitano l’apprezzamento del vino classico, specie se si proietta l’immaginazione al futuro. Sappiamo infatti, statistiche alla mano, che l’acquisto e il consumo del vino è dominato da una certa fascia di persone, mentre i giovani, specialmente quelli della Generazione Z, restano piuttosto estranei all’atmosfera del mondo da wine lover.
Questo fatto casistico è strettamente legato ai primi due fattori di potenziale successo del vino senza alcol.
1. Comunicazione non inclusiva (quella del vino classico!)
Io che ho studiato da sommelier mi do fastidio da sola, ma solo a volte. E’ vero che negli anni i corsi da sommelier e, in generale, il mondo del vino, hanno creato una scatola chiusa intorno a questo prodotto, fatta di termini specifici, con un habitat inossidabile dalle sfumature snob; però è ugualmente corretto notare come già da anni il wine storytelling abbia preso anche strade diverse, meno patinate. Ciò nonostante, permane ancora lo zoccolo duro dei wine lovers affezionati unicamente alle bottiglie “famose”, con l’obiettivo di sciorinare soldi ed esperienza, e dei wine expert dotati di quell’atteggiamento di superiorità capace di allontanare chiunque non sfoggi un vocabolario da 110 e lode in enologia.
Nella comunicazione del vino si è finora scansata l’emozionalità del gusto del prodotto. Questa si distacca dai trend e dalla fama perché non si limita al nome e alla bottiglia ma va dentro al vino stesso. Questo aspetto può essere comunicato anche attraverso una nomenclatura non standard ma capace di farsi comprendere da tutti, senza per forza scadere nel banale e nell’ignoranza. Tra lo sciorinare meri tecnicismi è affermare semplicemente “è buono!” c’è tutto un vino in mezzo!
Il vino non si limita a essere ma nasce per piacere. Una piacevolezza che può essere più o meno percepita in base ai gusti personali. Proprio questo suo fascino e le caratteristiche intrinseche dovrebbero far parte della strategia di comunicazione.
Questo metodo è vero e valido sempre, ancora più utile verso i più giovani che devono vedere il vino come qualcosa di gustoso, qualcosa attraverso cui carpire i segreti di un’uva o di un posto. In questo, le wine experience sono sicuramente un punto di forza nelle strategie di comunicazione di una cantina, perché conoscere di persona un vino, dalla terra al calice, regala molte più emozioni. Proprio le sensazioni di piacevolezza legate al gusto di un vino, unite alla sua storia, sono quei fattori che vanno a mitigare uno dei più grandi “no” ai vini classici … che sono dannosi per la salute.
2. L’alcol fa male
Non lo dico io, lo dicono l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e l’Airc che ha inserito l’alcol tra i potenziali agenti cancerogeni di classe 1.
Che sia doveroso consumare l’alcol moderatamente, in quanto sostanza psicoattiva, è fatto ben noto ma un conto è dire che l’alcol può far male in dosi eccessive, un conto è scrivere, nero su bianco, che l’alcol può contribuire all’eventualità di sviluppare tumori. Ovviamente, sappiamo come le raccomandazioni in campo medico siano generali e non riferibili a ogni singolo individuo e al suo stile di vita ma, a livello di comunicazione, sono un enorme sasso lanciato nello stagno … o meglio sul vino classico. I più giovani, già i Millennials ma soprattutto quelli della Generazione Z, sono più attenti alla salute e curano molto di più il loro corpo rispetto a quanto facevano i loro nonni. Da loro il concetto di prevenzione è più che assimilato.
Non a caso gli aneddoti in stile “mio nonno beveva un bicchiere di rosso al giorno ed è campato 100 anni” riguardano decenni fa. Inoltre, un punto certo a sfavore riguarda l’apporto calorico del vino. Il numero di calorie presenti in un bicchiere di vino è determinato proprio dal tenore alcolico.
Guarda questo video per scoprire quante calorie ci sono in un calice di vino classico
Non troverai mai un regime dietetico con il vino presente. Oggi, più di ieri, si considera importante il fattore “salute” di una bevanda. Già da tempo brand immortali come Coca Cola hanno differenziato l’offerta con prodotti a ridotta quantità di zuccheri e caffeina, altre sostanze di cui è consigliato un uso moderato. Ecco perché il vino alcol zero può aver successo … a patto però di risultare gustoso a un costo equo.
3. Nuovi mercati e pochi competitor
Motivi di salute e motivi religiosi, anche quest’ultimi contribuiscono a limitare il mercato dei potenziali acquirenti di vino classico. Il vino ha sempre avuto un’allure d’eleganza, un alimento che ha attraversato la storia allietando i banchetti e le celebrazioni di alcune delle personalità più illustri del mondo. Poeti di epoche diverse gli hanno dedicato passi di opere e battute argute, riconoscendone il potere.
L’atto del bere vino ha qualcosa di affascinante anche per chi il vino non può consumarlo. Questo è un punto decisivo a favore dei vini dealcolati che possono mantenere il packaging raffinato dei prodotti classici, senza rinunciare al gusto … a patto che si apprezzino le particolari sfumature gusto-olfattive relative al vino dealcolato. Chi, però, il vino non l’ha mai bevuto, difficilmente potrà giudicare questo aspetto. Al di là del gusto è innegabile come puntare sulla produzione del vino senza alcol possa aprire nuovi mercati, raggiungendo milioni di possibili consumatori.
Il vino e il prezzo: l’elemento che accomuna i dealcolati ai classici
Uno dei fattori che contribuisce a rendere il vino meno appetibile per le generazioni giovani è sicuramente il suo prezzo che incide maggiormente in un contesto dove i costi della vita sono aumentati.
Una problematica alimentata anche dall’errata comunicazione del vino, per cui solo bottiglie costose sembrano degne di essere consumate per occasioni sociali piacevoli e di successo.
Il prezzo può essere visto come una comunanza, in quanto anche i vini no alcol hanno il loro costo, specialmente tenendo in mente qual è il range di spesa tipo dei nuovi consumatori.
Millennials e Generazione X tendono a spendere, in media, intorno ai 10 Euro a bottiglia con i primi generalmente più propensi all’acquisto di bottiglie oltre budget.
Se il vino classico ha un range di prezzo estremamente variabile (ottimi vini si trovano anche sotto i 10 Euro!), attualmente i vini alcol free si collocano su una fascia media pari a circa 15-20 Euro, con vini sia sotto i 10 che sopra i 30 Euro.
Pertanto sia che si tratti di vino classico che di alcol free, il prezzo rappresenta comunque un importante “se”.
Il vino senza alcol, a ognuno la sua scelta
Le potenzialità del vino analcolico sono innegabili, decisamente fruttuose per chi sa cogliere il momento. Ormai da qualche anno esistono aziende che producono e pubblicizzano unicamente vini senza alcol, anche se le loro etichette appaiono un po’ senza storia.
Diverso è il discorso per quelle cantine che alla produzione classica hanno affiancato una linea alcol free, proprio per avvicinarsi ai desideri dei nuovi consumatori. Altre aziende restano indietro, sia per una difficoltà logistica sia per la voglia di proteggere le proprie idee.
Nel primo caso, valido soprattutto per i piccoli produttori, c’è l’impossibilità economica di poter differenziare la produzione, per entrambi sussiste anche una certa forma d’avversione verso quel “non vino” che mina i valori stessi della cantina.
Le novità vengono sempre mal viste, specialmente in un settore dove la tradizione ha un valore fondamentale anche dal punto di vista comunicativo.
Un discorso che vale per i produttori come per i consumatori, specie se appassionati.
Apprezziamo quando sappiamo che una cantina produce vino da generazioni, che il suo savoir-faire è stato tramandato in famiglia e custodito dalla passione di figli e nipoti. Ci piace sapere che negli ettari vitati di un’azienda sono state recuperate piante antiche, che quelle vigne sono lì da 80 anni, che l’uva viene raccolta a mano grappolo per grappolo, come se i suoi acini fossero d’oro. Sapere che poi tutta la lavorazione di materie prime tante preziose e comunicative farà un passo indietro, togliendo ciò che è stato creato, può suscitare amarezza e fastidio, bisogna dirlo. E’ come negare una storia, con la paura che la sua originale bellezza venga dimenticata.
Il vino era la bevanda degli eroi … e quello dealcolato?