Tra le colline di Poggio Mirteto, in provincia di Rieti, nella bella Valle del Tevere, scopriamo la Tenuta Santa Lucia.
Una realtà importante di circa 35 ha di vigneto, piantati con Sangiovese, Cabernet, Merlot, Syrah, Alicante e Carignano, e per le bacche bianche: Malvasia Trebbiano, Falanghina e Pecorino.
Interessante scoprire il Carignano, vitigno molto diffuso in Sardegna, con colori rossi non particolarmente intensi, caratterizzato da un buon fruttato e da una contenuta alcolicità. Per rendere il colore più profondo si ricorre addirittura al salasso, soprattutto in Sardegna, ci dice Massimo, l’enologo che ci accompagna nella visita.
L’Azienda è adagiata ai piedi del Monte Soratte, con i vigneti tra I 150 e 200 metri slm. L’azienda rientra nell’areale della DOC Colli della Sabina, anzi è forse l’unica azienda che produca vini, oltre alla cantina sociale. I terreni sono di medio impasto, argilloso-sabbioso, con una percentuale di sabbia che cresce all’avvicinarsi al fiume Tevere.
Insieme al competente e disponibile Massimo parliamo delle origini dell’azienda; a metà anni 90 risalgono i primi vigneti, mentre la cantina nasce nel 2005, con le prime bottiglie prodotte un paio di anni prima.
Gli chiedo cosa abbia portato alla scelta di quei particolari vitigni. La risposta è molto semplice, l’impiego degli ‘internazionali’ è dovuto alla necessità di utilizzare vitigni noti e apprezzati all’estero, che quindi facilitino le vendite estere, ma anche la buona adattabilità di questi ai nostri territori.
L’impiego dei vitigni più classicamente laziali, Malvasia, Trebbiano, Sangiovese e Montepulciano, a cui si aggiungono anche Falanghina e Pecorino, completa il panorama produttivo aziendale. Le vendite sono principalmente all’estero e nel Lazio.
Si sconta il pregiudizio dei vini laziali oltre i confini regionali. Sebbene la qualità migliori costantemente, c’è ancora spazio per ulteriori importanti passi in avanti. E poi, tema ancora una volta ricorrente, l’appartenenza alla DOC, non è percepita come misura di qualità. Sembra che la classificazione di un vino come DOC serva più per il consumatore meno esperto che gli associa un valore intrinseco di qualità; al contrario per il consumatore più esperto, alcune DOC vengono viste come un vincolo e a volte anche un limite alla produzione di vini di elevata qualità.
Le rese medie in Azienda sono dell’ordine di 80 q/ha. La scelta di vini è piuttosto ampia, ognuno con un nome e un significato particolare. Come “Morrone” che è il nome di una località, oppure, “Elodia” che è il nome della figlia della proprietaria, oppure ancora “Collis Pollionis” che è la versione Latina di Colle Bellone, altra località dove hanno un vigneto; tuttavia per quanto riguarda questa specifica etichetta è in atto un rinnovamento e il suo nome diventerà “Dominae Sabinae”.
Per quanto riguarda la forma di allevamento, abbiamo sistemi a spalliera: Guyot e cordone speronato. La scelta tra i due sistemi è legata principalmente al fatto che le gemme basali siano o meno produttive. Il cordone speronato è necessario se la produttività è essenzialmente legata a gemme basali, al contrario viene preferito il Guyot.
Entrambi sono meccanizzabili, anche se il Guyot è un pò più difficile. Il sistema d’allevamento a Guyot è uno di quelli che prevede una potatura secca difficile: va interpretato, va assecondato e soprattutto impostato nel modo giusto. Se lo confrontiamo con il cordone speronato, che sembra a un occhio inesperto piuttosto simile, ci rendiamo conto che quest’ultimo è invece molto più inquadrato, rigido nella forma e peraltro, molto più facilmente meccanizzabile. Anche il Guyot è meccanizzabile in fase di potatura verde e raccolta, ma la potatura secca deve necessariamente essere condotta da una mano esperta.
Per quanto riguarda i trattamenti, vengono effettuati i classici 7/8 per stagione, in funzione delle specifiche condizioni climatiche. Per quanto l’uso della solforosa, si cerca sempre di utilizzarne la minor quantità possibile, senza nessun approccio estremista. I valori effettivi cambiano in funzione delle situazioni. Ad esempio, in un’annata calda, il vino avrà mediamente una gradazione alcolica maggiore e ciò rappresenta una via naturale per bloccare fermentazioni indesiderate; di conseguenza la quantità di solforosa sarà inferiore.
La visita alla cantina è interessante; osserviamo i diversi tini, di dimensioni diverse per assecondare le diverse produzioni; ad esempio i più piccoli sono per il mosto dei bianchi. La filtrazione avviene solo prima dell’imbottigliamento. Volutamente si effettua questa operazione una sola volta e poi si lascia il vino a ‘ricomporsi’ in bottiglia. La filtrazione è infatti una pratica che crea stress al vino, che da una situazione stabile di riposo, viene prima pompato attraverso dei filtri, tipicamente di diverse dimensioni (5, 3 e 1 micron) e dopo tale vorticoso movimento, occorre una fase di riposo per permettere al vino, che è un liquido vivo e non inerte, di tornare nella condizione di stabilità originaria.
Tra i diversi tipi di fermentatori, tutti con un sistema centralizzato di controllo della temperature, scopriamo anche quelli dotati di un sistema a pistoni, in grado di effettuare la follatura del cappello di vinacce. Nella cantina c’è anche una barricaia, con botti sia di provenienza francese che americana. A fronte di 200 botti, solo il 5% è di legno francese. Si consideri, che in media solo il 15% circa della produzione effettua un passaggio in legno.
La Degustazione dei Vini della Tenuta Santa Lucia
Dopo la piacevole e lunga conversazione, passiamo alla degustazione dei vini.
Collis Pollionis 2011 – Colli della Sabina DOC (il futuro Domina Sabinae) – È un vino che si presenta di un bel giallo dorato, con profumi fruttati principalmente di agrumi, lime e pompelmo, a cui segue una speziatura dolce e una spiccata mineralità olfattiva. In bocca è rotondo, caldo e sapido con una buona lunghezza.
Carignano 2013 – Rosso Lazio IGT – È un vino che fa solo acciaio; si presenta di un rosso rubino scarico, è molto fruttato al naso e speziato. È un vino di facile beva, fresco, piacevole. Il tannino non è affatto invadente, anzi piuttosto gradevole.
Collis Pollionis 2006 – Colli della Sabina DOC – Questo vino è un blend di Sangiovese (50%), Montepulciano (40%) e Merlot (10%). Si presenta di un vivace colore granato. Il ventaglio olfattivo è giocato su frutta rossa matura, confettura, con dei richiami di uvetta passita. Spezie e buona mineralità. Risulta bilanciato nelle sue componenti morbide e dure, ma possiamo affermare che dolcemente sta iniziando la sua curva discendente.