L’accoglienza di Antonio di Carlo, proprietario della Cantina Le Macchie e del prestigioso Ristorante La Foresta a Castelfranco a Rieti, è particolarmente calorosa e attenta. Addirittura premurosa direi, visto che lo incontriamo lungo la strada che porta ai suoi vigneti, preoccupato che non trovassimo la tenuta. Molto bello l’ingresso, con le vigne sulla sinistra e uno stuolo di vivaci maialini neri, di razza antica allevati a terra.
L’azienda si trova a Castelfranco, e i loro nostri vigneti si estendono sulle colline situate tra la conca Reatina e il Monte Terminillo, l’altitudine è compresa tra i 610 e 650 mt s.l.m. con esposizioni a sud per i vitigni tardivi, a sud-ovest per i vitigni precoci. Il terreno risulta essere ricco in minerali e garantisce ai loro vini freschezza e sapidità. Hanno 5 ha di proprietà e altri 3.5 in affitto.
Antonio ci porta subito a visitare il vigneto alla destra della cantina, si tratta di gewürztraminer: un clone acquistato a Termeno, tra i più profumati e con rese molto basse (si parla di 30/40 quintali per ettaro). Siamo a 620 metri di altezza, in una zona particolarmente ventilata, che facilita una selezione naturale dei grappoli migliori: semplicemente alcuni non allegano. Il traminer aromatico è un vitigno che matura relativamente presto, e la vendemmia avviene tipicamente tra la prima e la seconda settimana di settembre.
Accanto a questo vigneto, spostato leggermente più a nord, contornato da delle belle e ornamentali rose, troviamo invece il Riesling Renano.
Questa invece è una specie tardiva; matura a metà ottobre e la vendemmia segue quella del traminer di oltre un mese. Considerando questo aspetto e il fatto che la buccia di questo vitigno è piuttosto sottile, la possibilità di essere attaccata da marciumi, invece che da muffe nobili, è piuttosto consistente. Inoltre le temperature medie stanno aumentando e questo è un ulteriore elemento di rischio.
Per ovviare a questi rischi hanno deciso una politica di diradamento fogliare allo scopo di lasciar arieggiare meglio i grappoli. Quindi molta attenzione in ogni fase della produzione. Sebbene non sia formalmente certificate come azienda “biologica”, la cantina Le Macchie impiega una politica di grande attenzione e rispetto per la vigna. Infatti utilizzano solo rame e zolfo e limitatamente a 2/3 trattamenti contro i tradizionali 7/8 per stagione.
La forma di allevamento è il Guyot. Il sistema d’allevamento a Guyot è uno di quelli che prevede una potatura secca difficile: va interpretato, va assecondato e soprattutto impostato nel modo giusto. Se lo confrontiamo con il cordone speronato, che sembra a un occhio inesperto piuttosto simile, ci rendiamo conto che quest’ultimo è invece molto più inquadrato, rigido nella forma e peraltro, molto più facilmente meccanizzabile. Anche il Guyot è meccanizzabile in fase di potatura verde e raccolta, ma la potatura secca deve necessariamente essere condotta da una mano esperta.
L’azienda Le Macchie è oggi la la principale realtà produttiva di Castelfranco, ma va ricordato che qui negli anni 70 la superfice vitata era intorno ai 65 ettari, a fronte degli odierni 11 ha. Le zone più vocate sono quelle tra Cantalice, Poggio Bustone, scendendo fino a Santa Rufina. Le Macchie si trova esattamente nella direttrice di queste tre zone. I vitigni che tradizionalmente venivano prodotti erano le malvasie: tante tipologie, ma poca malvasia puntinata, poi trebbiano. Anche vitigni locali quasi sconosciuti: la “tostanellà”, il cui nome deriva dalla buccia spessa, che si prestava molto bene all’appassimento; il “rosciolo”, imparentato con il “roscetto”, che poi è il nome del trebbiano giallo nel viterbese; ancora tra i vitigni a a bacca bianca, troviamo il “martone”. Per quanto riguarda i rossi, troviamo: merlot, sangiovese e montepulciano, ma anche il cesanese nero. È stato dimostrato da uno studio universitario che si tratta di un clone diverso da quello dal cesanese di Affile; tuttavia per ragioni di esclusività dell’uso del nome “cesanese”, il loro vitigno è stato registrato come “cesanese nero”.
I terreni su cui si trovano i vitigni sono molto eterogenei. Si consideri che in ere passate Rieti era un lago, poi dalla bonifica è nato il fiume Velino, che attraversa la città; presso la cittadina di Marmore in provincia di Terni precipita nel Nera formando la spettacolare Cascata delle Marmore, alta 165 m su tre salti successivi, dei quali il primo di ben 120 metri. Dove si trova la cantina Le Macchie c’erano le sponde di questo lago, ed infatti è piuttosto facile trovare fossili marini e conchiglie. Nel versante a Sud della tenuta abbiamo formazioni calcaree, con breccia e terreni bianchi poco ricchi; nell’altro versante abbiamo invece terreni più rossi, ricchi di materiale organico, più adatti alla produzione di vini rossi; anche beneficiando maggiormente dell’esplosione a Sud che favorisce l’illuminazione naturale del vigneto.
Degustando i Vini della Cantina Le Macchie
Passiamo ora alla degustazione dei vini. Dobbiamo dire che la produzione è molto generosa e suddivisa su tre line di prodotto: La Tradizione, Le Selezioni e gli Internazionali, a cui si aggiunge un vino passito dal nome curioso: Se Bo Be Bi.
Prima di iniziare, è doveroso sottolineare che le rese per ettaro dei vini prodotti dall’Azienda Agricola Le Macchie sono estremamente contenuti. Credo personalmente che questo sia un indice di qualità intrinseca di una produzione vitivinicola. Abbiamo rese tra i 40 e i 60 q/ha che rappresentano un’eccezione e non la norma nella produzione media italiana, e ancor più laziale.
Bandolo della Matassa 2015. È un vino rosato, IGP Lazio, che meglio rappresenta il territorio con sangiovese e montepulciano, a dare rispettivamente struttura e freschezza. Da notare che da disciplinare non può essere citato il vitigno “montepulciano” in etichetta. Per cui la scelta avrebbe potuto essere: ‘sangiovese e altri vitigni’. Tuttavia si è preferito togliere ogni possibile riferimento ai vitigni. Un ulteriore aspetto degno di nota sono le etichette, prodotte interamente in cotone.
Questo vino si presenta di un bel rosa cerasuolo, molto classico con buona freschezza ma anche morbidezza e assenza di spigoli. Profumi giovani di fiori, lamponi e ribes rossi. Bella bevibilità, accompagnata da eleganza e una struttura delicata.
Le Feritoie 2014 – Malvasia Lazio IGP. Si tratta di Malvasia Istriana; vitigno molto raro nel Lazio e molto precoce. Ciò è un vantaggio in questa parte di territorio, considerando che la temperatura scende presto dopo settembre e il rischio gelate è molto alto. È l’unico bianco che fa legno, poco meno di 6 mesi in barrique di rovere francese di II passaggio. È un vino luminoso di un bel giallo paglierino carico, profumi di frutta matura e spezie in evidenza. Corpo ricco, rotondo e con decisa nota pseudocalorica.
Proviamo poi un “campione di botte” di Riesling 2015. È ancora in fase di chiarifica, ma già la sua lucentezza colpisce piacevolmente. Solo per i due vitigni nordici: Gewürztraminer e Riesling, quest’anno, sono stati usati lieviti selezionati. Sono più veloci nell’avviare la fermentazione e si evitano interruzioni che potrebbero portare a squilibri organolettici. Per dare morbidezza a questo vino, cosi decisamente fresco, Le Macchie punta su battonage e su un lieve residuo zuccherino, dell’ordine dei 3.5 g/L. Il vino riposa sulle proprie fecce fini, acquisendo rotondità e corpo. Nonostante stia ancora completando la fase di chiarifica, già si mostra cristallino con netti sentori agrumati, di polpa di pompelmo, a cui si aggiunge una nota dolce molto piacevole. Gradazione alcolica di 13.5 gradi.
Passiamo poi al Riesling del 2014, che ha un grado in meno di titolo alcolometrico. Sicuramente la stagione fredda e piovosa ha avuto un ruolo chiave rispetto a questo dato. Su questo vino, come su tutti i bianchi del resto, viene fatta criomacerazione per 24 ore. L’impatto e la qualità olfattivo sono entrambi eccellenti, spiccano la camomilla, il miele e poi una profusione di agrumi e fiori gialli. Buona mineralità e freschezza in primo piano, con un’acidità totale che raggiunge quasi i 7 g/L.
Continuiamo la lunga degustazione, con Scarpe Toste 2015. Da notare che questo vino, che si presenta in una classica e slanciata bottiglia renana, con un’elegante etichetta bianca, deve essere classificato come “vino bianco”. Infatti il disciplinare IGP Lazio non prevede il Gewürztraminer tra i vitigni impiegabili per la vinificazione nella nostra regione. È un vino ricco, con ben 15 gradi di titolo alcolometrico. Bella veste giallo dorata, profumi classici che spaziano dalla rosa alle spezie, passando per la frutta esotica. Morbido e rotondo, chiude con una lieve nota amarognola, classica del vitigno. Anche questo vino ha un lieve residuo zuccherino, circa 3.6 g/L, che come classicamente avviene nei vitigni aromatici, serve proprio a compensare la sensazione amarognola dovuta ai terpene.
Campo Severo 2015 – Rosso Lazio IGP. Si tratta di un blend di Merlot, Sangiovese e Montepulciano. Talvolta per il Montepulciano si usa il termine Violone; particolarmente impiegato nella zona del viterbese, ai confine tra Toscana e l’Umbria. Questo vino fa una lunga fermentazione alcolica, tra le tre e le quattro settimane e complessivamente rimane a contatto per le bucce per circa un centinaio di giorni. Affina in tonneau da 5 hl, svolge la fermentazione malolattica. È un vino di grande potenzialità; colore purpureo, fresco e tannico che ha bisogno di ancora un pò di tempo per esprimersi ai suoi massimi livelli.
E per finire proviamo il Cesanese 2014. È un campione di botte. Questo vino fa barrique, che serve per addomesticare le doti piuttosto “selvagge” del cesanese. Nel bicchiere si presenta in una veste rubino, lievemente trasparente, I profumi sono di ciliegia e amarena, sottobosco e spezie dolci che ricordano il tabacco da pipa. Molto piacevole. Al gusto è fresco e con una nota tannica chiaramente percettibile e una nota alcolica in grado di compensare parzialmente le durezze. Buona struttura e lunga persistenza.