La visita alla Cantina Zaccagnini a Bolognano è una di quelle rare cose che ultimamente mi fanno essere orgoglioso di essere italiano.
Sarà il luogo paradisiaco in cui si trova? Nel parco nazionale della Majella, la cui grandiosità si può ammirare alla sinistra della cantina; forse l’incantata valle di Casauria che si apre e ci conduce leggera fino alle Gole di Popoli? Sarà l’Arte (con la A maiuscola) che pervade l’intero complesso? Forse ancora è la passione che trasmette l’enologo, Concezio Marulli, che mi accompagna durante la visita in cantina? Credo in realtà che sia l’insieme di tutte queste cose che ad avermi affascinato cosi tanto.
Mi rende orgoglioso il fatto che l’impegno, il lavoro sodo abbiano reso grande questa realtà, come testimoniato da “Itinere”, un opera di Mimmo Palladino che rappresenta la genesi e la realizzazione, di un progetto di vita, tramite l’impegno, i pensieri, i crucci, e il sudore. Ma questa non è altro che la storia di questa Cantina.
La visita in Cantina parte dalla fase d’imbottigliamento e dalle tecniche all’avanguardia sull’isolamento dall’aria e la scelta dei tappi. Edificante è la conversazione sulle diverse tipologie di tappatura, sui pregi e difetti di ciascuno di esse. Il ritmo delle macchine è elevatissimo, oltre 5000 bottiglie/ora, ma ciascuna di esse viene decorate con tralcetto di vite, che guarda caso da’ anche il nome ad una linea dei loro vini.
Passiamo poi alla zona dove ci sono i tini di fermentazione e ci soffermiamo sugli innovativi “filtri tangenziali”, che permettono una filtrazione ottimale del vino, ottimizzando la qualità dello stesso, ma migliorando altresì le tradizionali pratiche di cantina. Ma le innovazioni che scopro da Zaccagnini non si fermano qui. Scopro ad esempio il tino “ganimede”, un tino di fermentazione con un imbuto interno nel quale viene convogliata l’anidride carbonica prodotta naturalmente, e usata per effettuare un “rimontaggio” naturale.
Al contrario delle tecniche tradizionali (delestage, follature, rotture del cappello, ecc.) l’uva in fermentazione vien trattata con maggiore delicatezza, preservandola da scossoni violenti che potrebbe liberare sentori vegetali, non troppo gradevoli all’olfatto.
Mi affascina poi la produzione del loro vino novello, Ikebana, il loro biglietto da visita. Dopo la classica macerazione carbonica, i grappoli in cui è iniziata la fermentazione intracellulare, vengono vinificati e miscelati con Montepulciano d’Abruzzo, in modo da fondere i profumi, la giovinezza e la bevibilità propria del novello con la struttura e il corpo del Montepulciano. Peccato che troppo spesso questo tipo di vino venga snobbato dagli esperti del settore. Forse, alcune volte andrebbero assaggiati e giudicati con minore severità e pregiudizio.
Visto che uno dei vini dell’azienda si chiama NOSO2, cioè senza solfiti aggiunti, ho lo spunto per trattare con Concezio lo spinoso tema “dell’assenza di solfiti” e più in generale dei vini naturali.
Personalmente credo che l’equilibrio nelle posizioni sia la politica migliore; in medio stat virtus. E’ piacevole scoprire che in Azienda si avvalgono di un sistema di monitoraggio che permette di limitare al massimo ogni trattamento e realizzarlo il più tempestivamente possibile, allo scopo di minimizzarne l’impatto in vigna.
La cura che mettono nella gestione dell’intero processo produttivo è tale da eliminare praticamente l’ossigeno in ogni stadio, in modo da contenere al massimo l’uso della solforosa.
Insomma: pressature soffici, temperature basse e gas inerti sono garanzia, insieme all’alta qualità dell’uva che arriva dalla vigna di prodotti che necessitano di una minima quantità di SO2, comunque molto al di sotto dei limiti previsti dalla legge.
Passiamo poi a visitare la barricaia, in cui fermenta il mosto. Il batonnage è anch’esso rivoluzionario. Come si può fare, senza introdurre aria? Ma semplice: ruotando le botti stesse.
Dopo una visita nel laboratorio scientifico, e alla dotazione elettronica di controllo e monitoraggio della salute della vigna, ho la possibilità di sfogliare qualcuno dei numerosi articoli scientifici e lavori di ricerca di Concezio Marulli: sul Montepulciano, sugli effetti dell’ossigeno, sui tappi, sulla tecnica del delestage, ecc.
Dopo questa interessante parte tecnica, in cui ho anche la possibilità di incontrare il responsabile commerciale per l’estero, Angelo Ruzzi, entriamo nella parte più artistica della cantina.
Proprio così, perché l’azienda di Ciccio Zaccagnini sembra più un museo di arte moderna, sia all’interno delle cantine, sia all’esterno.
Il tutto nasce dall’incontro con l’artista tedesco Joseph Beuys che, nel 1984, presenta a Bolognano il progetto “Difesa della Natura”.
A partire da quel giorno prende vita una trasformazione dell’azienda che vede sempre più nel binomio vino e arte la filosofia aziendale da seguire. Diversi sono gli appuntamenti artistici che l’azienda promuove e sostiene: “Un fiore per Ivan” e “Pigro, cantautori in vigna”, in omaggio a Ivan Graziani, la Biennale d’Arte Sacra e Fuori Uso.
La Cantina ospita anche Uvarte, manifestazione ricca di prestigiosi artisti, le cui opere diventano l’elemento centrale delle etichette di una linea speciale riservata ai collezionisti.
Il resto della visita mi permette di vedere da vicino interessanti opere di grandi Artisti, come “Il Sole” o “Il Segnale” del maestro Pietro Cascella o “Montepulcino” di David Bade o l’austera “Laura” di Simone Zaccagnini, che rappresenta una donna che osserva il raccolto e il lavoro in vigna, con le caratteristiche mani ai fianchi e lo sguardo benevolo rivolto verso la valle.
Suggerisco di visitare il sito, a questo link, per avere un panorama completo di tutte le opere presenti.
Mi colpisce particolarmente la “Colomba” spaziale di Cascella, cosi composta, morbida ed elegante, a guardia dei tini in legno dove affina il San Clemente, Montepulciano riserva, vino top della Cantina. Un prototipo adattato della Colomba ha volato verso la Stazione Spaziale Internazionale nell’aprile 2005 nell’ambito della Missione italiana Eneide.
Recava inciso il messaggio Italia Vita Nova – speranza di pace per l’umanità e testimonianza della civiltà e dell’ingegno italiani, coniugando la semplicità del battito delle ali di una colomba alla tecnologia più avanzata della propulsione spaziale.
Mi piace il viaggio lungo il tunnel con i caratelli dove affina il Clematis, passito rosso di Montepulciano, che termina con l’albero della vita, segnato dalle fatiche e dagli intoppi che essa ci impone di fronteggiare, ma che culmina con una bottiglia che simboleggia la fiducia e la speranza.
E poi il mosaico “Vita nella vite” e l’opera che rappresenta attraverso un cerchio concentrico il ciclo stesso della vita, inframmezzato dai nodi, pochi per la verità, a rappresentare le difficoltà da superare. Si tratta forse della vita di un principe, di un re? O forse, più verosimilmente, di qualcuno che aveva scoperto la qualità del vino da Montepulciano d’Abruzzo.
Finisco la mia visita con il piacere di aver conosciuto una importante realtà abruzzese e una persona disponibilissima e competente come Concezio Marulli, a cui va la mia stima, oltre a un sincero ringraziamento.