Nella visita alla Cantina Dall’Asta sono accompagnato dal proprietario ed enologo Giovanni Dall’Asta.
Persona cortese e appassionata che ha ereditato l’azienda che il suo bisnonno fece nascere nel 1910. Ci troviamo nell’area dei Colli di Parma. Più precisamente a Langhirano, ai piedi del Castello di Torrechiara o forse “Castello di Torchiara” come mi spiega Giovanni, la cui etimologia viene da ‘torchio’, essendo questa zona sempre stata a vocazione vinicola, ma, soprattutto, essendo confermato da documenti storici.
Le colline della provincia di Parma comprese tra i fiumi Enza, a est, e Stirone, a ovest sono la culla della viticulture più tipica e anticamente nota nel parmense. I territori con più alta densità di vigneti sono comunque quelli delle valli dei fiumi Parma e Baganza, con i comuni di Langhirano (zona di Torrechiara e Casatico), Felino (zona di Barbiano), Sala Baganza (zona di Maiatico e Boschi di Carrega). In queste colline è sempre stata coltivata la vigna, tuttavia l’allevamento del maiale e la produzione dell’olio hanno sempre accompagnato la produzione di vino.
Quello che contraddistingue questa provincia è che il vino è stato un po’ trascurato, avendo altre interessanti e remunerative fonti di sostentamento. Quindi l’allevamento dei suini, per i cui prodotti la zona è più che famosa, ma anche la produzione di funghi e l’industria conserviera. Alla luce di quanto appena detto, Giovanni mi confessa che il livello del vino prodotto è ancora piuttosto contenuto, proprio perchè “non si è mai vissuto di solo vino”.
Qui i vitigni che rappresentano la tradizione sono la Malvasia Aromatica di Candia e il Sauvignon. La leggenda vuole che questo vitigno sia stato introdotto all’inizio dell’800 da Maria Luisa d’Asburgo (figlia dell’Imperatore Francesco I e seconda moglie di Napoleone). In realtà Giovanni mi racconta che fu portato da una famiglia Genovese, i Brian, che l’avevo importato dalla Francia. Per quanto riguarda la Malvasia, sembra che questo vitigno provenga dalla Grecia, più precisamente dalla città di Monenvasia che, attorno al 1250, con tutta l’isola di Creta (Candia) fu conquistata dalla Repubblica di Venezia.
Il nome originario che designava il territorio di provenienza ‘Monenvasia’ degenerò in ‘Malfasia’ e fu quindi italianizzato in ‘Malvasia’; nella lingua spagnola è diventato ‘Malvagia’ ed in quella francese ‘Malvoise’. Con molta probabilità i veneziani, oltre al vino, importarono anche le talee e trovarono, nei territori che in seguito divennero le province di Parma e di Piacenza, il luogo ideale per il loro allevamento; infatti, pur essendoci diversi tipi di ‘Malvasie’, sia a bacca bianca che a bacca rossa, aromatiche e non, il vitigno ‘Malvasia di Candia aromatica’ viene attualmente allevato solamente nelle due province emiliane, oltre che in quelle di Reggio Emilia e di Pavia.
Troviamo anche il Moscato, parente della Malvasia, tra i vitigni aromatici del luogo. Da notare che nel parmense non troviamo l’Ortrugo che invece è presente nel piacentino.
Per quanto riguarda le bacche nere, troviamo la Barbera, per vicinanza con il Piemonte, l’Oltrepò Pavese, ma soprattutto perchè è molto produttiva.
Giovanni è cordiale, simpatico e mi intrattiene con molte storie sulle sue terre e sulle tradizioni. Ad esempio mi ricorda una tra le ragioni principali per cui I vini emiliani sono tradizionalmente frizzanti. Qui, soprattutto nel passato, faceva freddo. Si raccoglieva l’uva almeno un paio di settimane dopo, rispetto a quando si vendemmia oggi. I contadini facevano il vino, iniziavano la fermentazione e, semplicemente, quando sembrava conclusa, imbottigliavano. Non avevano i mezzi e le conoscenze per capire quale fosse il livello di zuccheri residui. In realtà il freddo interrompeva la fermentazione e quindi si imbottigliava un vino-mosto ancora ricco di zuccheri. Se bevuto prima della primavera, era un vino con residuo zuccherino e se bevuto dopo, grazie alla rifermentazione in bottiglia dovuta al rialzo delle temperature, era un vino frizzante.
Per tradizione qui il vino è quindi frizzante. Anzi oggi è frizzante e leggermente dolce. E’ un po’ una moda che serve per ammorbidire il sorso e ‘correggere’ la nota amarognola tipica dei vitigni aromatici. Molto spesso, parlando con i produttori ho sentito confronti e riferimenti al prosecco, con cui vorrebbero competere, ma Giovanni mi dice che alle Malvasie del luogo manca “… la mozartiana leggerezza del Prosecco”.
Cantina dall’Asta è famosa per la produzione di “bollicine” molto particolari: quelle prodotte grazie al Metodo Classico.
Giovanni mi confessa che per loro il metodo classico è una vera e propria ‘malattia’. Ma che è stata la normale evoluzione di un percorso qualitativo; non con l’obbiettivo di copiare qualche altro vino, in quanto quello che producono non deve perdere le proprie origini, che anzi devono essere riconosciute e ritrovate nel bicchiere.
Loro vinificano ‘in riduzione’, senza però utilizzare il ghiaccio secco che secondo loro con le temperature cosi basse può generare qualche lesione agli acini. Questa tecnica di vinificazione impiega CO2, che è più pesante dell’aria, e Azoto per saturare l’ambiente di produzione ed impedire il contatto con l’ossigeno. L’obbiettivo è lasciare intatti tutti gli aromi e, soprattutto, i precursori del Sauvignon, che sono altamente ossidabili.
Per quanto riguarda l’Azienda, la produzione si attesta sulle 200.000 bottiglie, a fronte di circa 15 ha di proprietà, a cui si aggiungono una parte di uve acquistate. Per quanto riguarda i terreni, sono di origine alluvionale, di matrice calcareo-argillosa, come anche verificato da uno studio effettuato dall’Università di Bologna ormai una ventina di anni or sono. Peraltro a poca distanza da qui troviamo delle formazioni calanchifere.
Per quanto riguarda le altezze siamo sui 300 metri circa. La forma di allevamento e’ per scelta il Guyot, con una piccola parte di Sylvoz e Cordone speronato. Il Guyot ha ‘presente, passato e futuro’ nella pianta; il cordone usa una base, il cordone, che è sempre quella. Viene spesso preferito per la sua meccanizabilità. Tuttavia in zona sempre più si sta adottando il Guyot.
Degustando i Vini della Cantina Dall’Asta
Passiamo ora gli assaggi.
Gatão 2015 – Sauvignon frizzante. E’ un vino di un vivace colore paglierino tenue, molto profumato, erbaceo con riconoscimenti di pera ed erbette e un leggera punta di foglie di pomodoro. Le bollicine sono fini e durevoli nel bicchiere e la freschezza è piacevole. Ha un delicato residuo zuccherino, intorno ai 10/15 g/l.
Malvasia Torrechiara 2015 – spicca l’aromaticità di questo vino, che si presenta di un colore leggermente più carico del precedente. Sentori vegetali e fruttati. Gradevolmente fresco con classica chiusura amarognola. Anche questo con lieve residuo zuccherino.
Metodo Classico Casatico Brut 2102 (sboccatura Febbraio 2016). Questo spumante è Pinot Bianco in purezza. Le note del pinot bianco emergono e non vengono snaturate nella produzione dello spumante. I profumi di fruttati, delicate, di mela un po’ dolce, con un lieve essiccamento. Buona mineralità Molto buono, fresco; piacevole e persistente. Direi quasi peccato per il residuo zuccherino che lo ammorbidisce eccessivamente.
Metodo Classico La Corona Ferrea, Brut Rose’, 2011 (boccatura Febbraio 2016). Qui abbiamo l’incontro di Pinot Nero e Pinot Bianco e il colore è di un bellissimo rosa acceso. Crosta di pane, lieviti e poi frutta rossa come fragola e lampone, a seguire note agrumate. Buona persistenza e sapidità.