vini biologici

Vini Biologici, Vini Biodinamici e Vini Naturali: facciamo chiarezza

Vi chiedete cosa vuol dire parlare di Vini Biologici, Vini Biodinamici e Vini Naturali ma finora non avete ancora chiare le differenze tra questi termini?

In questo post parleremo di tutte quelle filosofie e tecniche di produzione diverse che dovrebbero rendere il mondo enoico affascinante ma che spesso creano solo gran confusione nella mente dei consumatori che vogliono semplicemente portarsi a casa un buon vino; una confusione generale che colpisce anche gli appassionati di vino che vedono comparire sugli scaffali bottiglie con un infinito numero di diciture e nuove certificazioni tra cui diventa difficile destreggiarsi.

Tanti produttori, tante certificazioni e tutta una terminologia “ bio” ben poco chiara.

Ebbene, togliamo tutti i tecnicismi, le etichette e i paroloni per far luce su tutte le nuove mentalità di produrre vino in Italia e in Europa.

Parliamo di Europa poiché in realtà, in barba alle tante certificazioni che esistono, nazionali e internazionali, esiste una sola normativa europea di riferimento per poter definire un dato vino come “biologico” ed è a questa che i produttori europei si rifanno per poter commercializzare il proprio vino a livello internazionale senza restrizioni e con un marchio veramente BIO.

Se volete saperne di più sulla questione, non vi rimane che continua a leggere ed entrare nel mondo del “biovino”.

 

Vini Biologici, Vini Biodinamici, Naturali e Vegan: eh?

 

I Vini Biologici

Innanzitutto un vino biologico è frutto di pratiche agricole e vitivinicole biologiche.

Come già sappiamo, poiché i prodotti biologici sono diffusi, conosciuti e apprezzati ormai da anni, la viticoltura bio, così come l’agricoltura biologica, mira alla salvaguardia della fertilità dei terreni agricoli, preservando l’equilibrio naturale dell’ambiente in cui si coltiva.

Questo si traduce in un massimo rispetto verso le biodiversità nell’intera logica produttiva.

Un vino biologico sarà pertanto figlio di pratiche agricole orientate alla salvaguardia dell’ambiente agricolo nella sua integrità, con un ridotto impiego di mezzi estranei a questo microcosmo: interventi meccanizzati in vigna del tutto banditi, un utilizzo di antiparassitari alternativi a quelli chimici e in quantità limitata.

La stessa impronta bio la troviamo ovviamente nell’intero processo di vinificazione, dove il libero intervento umano viene in parte imbrigliato al fine di preservare l’originalità e la naturalità del prodotto originale.vini biologici

Questa volontà si traduce nell’utilizzo di lieviti indigeni, appartenenti quindi allo stesso microcosmo agricolo delle uve, e in un controllo selettivo delle tipologie e delle quantità di tutte quelle sostanze e additivi necessari nei vari processi di fermentazione, stabilizzazione, chiarificazione, filtrazione, precedenti all’imbottigliamento e alla messa in vendita.

Vi avevo promesso niente tecnicismi ma, per chi volesse approfondire, nella normativa UE da seguire per poter dichiarare un vino “biologico”, sono indicate tutte le pratiche e le sostanze ammesse . Potete trovare il testo della normativa qui.

Un regolamento europeo (n. 203/2012) specificamente legato al vino che ci ha messo tanto a essere elaborato a causa di Lei: l’anidride solforosa!

Ebbene sì, l’abbiamo alla fine nominata, lei, l’acerrima nemica di ogni produttore di vino.

Con la normativa del 2012 possiamo però tirare un sospiro di sollievo perché ne sono state definite le quantità massime da utilizzare per ogni tipologia di vino (bianchi, rossi, vini dolci, ecc.), affinchè quest’ultimo possa rientrare in un regime biologico.

Quindi anche i vini biologici possono contenere solfiti aggiunti?

Sì, anche se non sempre: generalmente chi produce vini biologici fa sempre attenzione a limitare rigidamente l’utilizzo della solforosa, usandola solo quando è veramente necessario per salvaguardare il prodotto finale.

Questa libertà ci comunica che, al di là delle norme europee di base ormai ben definite, un vino biologico pur partendo da una base comune di regole, può essere interpretato in tantissimi modi diversi a seconda dell’idea che ogni produttore ha della viticoltura e dell’enologia biologica e biodinamica.

I Vini Biodinamici

Visto che l’abbiamo tirata in ballo … associata alla viticoltura biologica troviamo anche quella biodinamica.

vini biologici e biodinamiciQuest’ultima segue delle regole di “produzione” molto più filosofiche, alcuni direbbero (anzi lo dicono proprio!) magiche, poiché ogni ambiente agricolo viene interpretato come un organismo a sé stante da trattare con estrema specificità e nel pieno rispetto del ciclo naturale.

Chi segue la filosofia biodinamica, utilizza nella cura della terra e dei vigneti, dei cosiddetti preparati biodinamici, composti da materiali del tutto naturali e biologici (essenze, piante aromatiche, polveri minerali, ecc,), questo per favorire la corretta crescita delle piante preservandone le caratteristiche nutrizionali e la sanità nel tempo.

La normativa europea di cui sopra non definisce degli standard per poter etichettare un vino come “biodinamico”. Tuttavia – e da qui l’ulteriore confusione – esistono diversi standard di riferimento per i produttori che vogliono commercializzare il proprio vino come biodinamico.

Demeter, BioSuisse, ecc. non rappresentano delle Certificazioni Pubbliche ma dei marchi privati a cui i produttori possono aderire, rispettando gli standard base definiti.

Partendo da questi poi ogni produttore può perseguire in dettaglia la sua personale filosofia biodinamica.

I Vini Naturali

Infine abbiamo il cosiddetto “vino naturale”: una definizione che viene usata spessissimo ma sinceramente trovo che il suo utilizzo fortuito generi ulteriore confusione.

Il termine “naturale” non ha alcuna accezione specifica nel campo della produzione vitivinicola.grapes

E’ un termine che viene usato indifferentemente per parlare dei vini biologici, biodinamici e pure di quelli “liberi dai solfiti (sempre aggiunti)”.

Non esiste alcuna definizione giuridica atta a classificare un vino come “naturale”, tant’è che in molti paesi questa dicitura non può proprio essere utilizzata nell’etichettatura dei vini.

Nel settore vitivinicolo si parla comunque di vino “naturale” per definire indistintamente un vino prodotto secondo i principi biologico e/o biodinamici.

Vi ricordate l’evento “vignaioli naturali” a Roma (sissì, ci sarà anche quest’anno): ecco, in questo caso il termine naturale viene usato in senso lato per abbracciare per intero il mondo dei produttori di vino non convenzionali, biologici, biodinamici e vegani.

I Vini Vegani

Ah già … e il vino Vegan?

Ebbene sì, ora abbiamo anche i vini Vegani.

In che modo un vino può essere definito come vegano. Cosa c’entra la sofferenza animale nella produzione del vino?

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In diverse pratiche enologiche, di filtrazione, chiarificazione, ecc. anche in quelle per i vini biologici, è previsto l’utilizzo di prodotti di origine animale: la farina di ossa animali, la colla di pesce, l’albumina, ecc.

Invece nella produzione dei vini vegan è vietato l’utilizzo di qualsiasi sottoprodotto di origine animale .

Anche per quanto riguarda il vino Vegan la situazione diventa complessa se si considerano tutti i vari marchi a cui un produttore può aderire per commercializzare il proprio prodotto come Vegano: VeganOk, Qualità Vegana, ecc. sono marchi con un proprio disciplinare vegano a cui si deve aderire per poter stampigliare il logo sulle proprie etichette.

Come per il vino biodinamico, non esiste una certificazione unica di riferimento e nessun ente terzo indipendente dal marchio in grado di controllare l’effettiva “veganità” di un prodotto.

Questo non vuol dire che chi espone un marchio vegano non rispetti le regole di base – i vari marchi hanno dei regolamenti precisi ed effettuano dei controlli di garanzia – ma anche qui troviamo piena libertà a partire dai presupposti vegani fondamentali: partendo dai criteri di base appena visti, il concetto di Vino Vegan può essere ulteriormente elaborato da ogni produttore.

Ad esempio un vino Vegan può essere benissimo prodotto da un’azienda che non applica in alcun modo lo sfruttamento animale a fini economici e che non utilizza in alcun modo il lavoro animale nei processi produttivi.

Ancora una volta, da alcune regole di base si dipana un mondo di ulteriori interpretazioni … e ancora una volta avremo molto probabilmente un prodotto diverso.

Personalmente trovo questa diversità produttiva davvero interessante, dal momento che rende libero ogni produttore di scegliere le modalità di espressione che ritiene migliori per i propri prodotti … e chi meglio del produttore conosce il terroir da cui provengono le su uve!

Al di là di tutte le terminologie, classificazioni, prese di posizione su cosa sia giusto bere o non bere, se un prodotto è buono e sano ed elaborato nel rispetto dell’ambiente e della materia originale, le parole stanno davvero a zero.

Quindi meno chiacchiere, più vino buono, gustoso e sano 😉

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